9 dicembre 2011

Repressione: a Ravenna livelli insostenibili

Dopo il derby di ieri, chi ancora fosse dubbioso circa quanto sta accadendo a Ravenna, dovrebbe aver trovato risposte. Da anni ormai, ma specialmente negli ultimi tempi, lo stadio di Ravenna è una fucina infinita di repressione, soldi pubblici sprecati in tempi di crisi nera e stupidità.



Ma andiamo con ordine: all'inizio di quest'anno finalmente abbiamo viste smontate le transenne (autentiche barricate) e materiale, striscione e tamburi entravano senza problemi. I tamburi a detta di tutti, anche di chi frequenta la più tranquilla tribuna, erano stati un piacevolissimo ritorno che rianimava un altrimenti deserto e morto stadio Benelli. Lo striscione davanti alla Mero era un vessillo d'orgoglio e romanticità d'altri tempi; insomma detto in breve, nonostante la pessima condizione del calcio cittadino, la curva tornava ad essere piano piano quello per cui è stata concepita: un luogo di amicizia, passione, orgoglio e goliardia.

Poi un assurdo quanto inaspettato rifiuto d'ingresso dei nostri pacifici strumenti di tifo: tamburi e striscione non hanno mai ammazzato nessuno!

Decidiamo quindi di manifestare il nostro disappunto con un paio di giri intorno allo stadio Benelli, in occasione della partita Ravenna - Virtus Verona, muniti dei nostri amati tamburi e striscione. Nessuno se n'è lamentato, nessun disagio causato ai cittadini nè tantomento alcun casino.

Alcune partite dopo dapprima lo striscione viene lasciato entrare dalle stesse forze dell'ordine, poi all'ultimo, quando eravamo già dentro al settore, veniamo fermati e viene negata l'esposizione. Stessa cosa per uno striscione recante la scritta "Gabbo vive" per commemorare la prematura scomparsa di Gabriele Sandri. E' troppo, decidiamo quindi di abbandonare una volta ancora gli spalti. La scusa è sempre la stessa: le norme dicono che gli impianti con capienze superiori a 5.000 unità, sono ristretti alle stesse limitazioni imposte nelle serie superiori. Ma come? A Padova contro il S. Paolo (9.600 posti) e a Pistoia (12.000 posti) non abbiamo avuto nessun problema! E le prime partite al Benelli perchè non hanno rappresentato un problema l'ingresso di tamburi e striscione?

Dopo una situazione così assurda sarà finita qui, direte voi?! E invece no... sono stati prennunciati "assurdi provvedimenti" che vivamente speriamo non abbiano seguito, nei confronti di alcuni di noi proprio per la nostra pacifica manifestazione.

Finita qui? No no.. Con l'occasione dell'incontro tra Aletti e giocatori della scorsa settimana, qualcuno in maniera del tutto indipendente (pochissime persone), voleva manifestare il proprio disappunto al porco triestino: le forze dell'ordine si sono mobilitate neanche avessero dovuto affrontare un'orda barbarica tant'è che sono state praticamente sbugiardate sui giornali.

Beh adesso sarà proprio tutto, direte voi... e invece no! La mattina seguente viene ritrovato uno scatolone "decorato" con insulti all'indirizzo di vecchia e nuova dirigenza, lasciato da qualche buontempone, evidentemente esasperato dalla situazione societaria, fuori dalla sede del Ravenna. Per chi l'ha ritrovato, la cosa più ovvia immaginiamo sarebbe stato farsi una risata e buttarlo via. Ma a Ravenna no: a Ravenna si chiama la Digos e udite udite, la scientifica! Ma perchè non gli artificieri?!

E mica è finita qui... il giorno del ritrovamento degli scatoloni tre o quattro dei nostri ragazzi, dovevano mettere un po' di ordine nel nostro magazzino: neanche avessero scoperchiato il vaso di Pandora, dopo dieci minuti di lavoro e di pulizie, ecco sbucare 3 agenti della digos con a corredo 4 uomini in divisa. Identificazione per tutti (ma perchè?) e tanti saluti. 

Per quanto visto ieri all'esterno del Benelli, lasciamo il giudizio ai nostri lettori; ci limitiamo solamente a fornirvi un po' di numeri messi in campo solo per quanto visto dietro alla nostra Curva Mero: una decina di agenti in borghese, una decina di steward, transennamento completo, un intero reparto celere e numerosi mezzi blindati. Soldi spesi bene in tempi di crisi, non c'è che dire...